Omotransfobia, Arcigay stila il report 2017: “Esplode l’hate speech nelle istituzioni, allarme per il fenomeno baby gang”

Nei dodici mesi trascorsi tra il 17 maggio 2016 e  oggi,  sono 196 le storie di omotransfobia censite da Arcigay attraverso il monitoraggio dei mass media, e descritte nel report che ogni anno, in occasione   della Giornata internazionale contro l’omotransfobia, Arcigay licenzia. “Un numero quasi doppio rispetto a quello dello scorso anno e che merita una riflessione e la ricerca delle opportune chiavi di lettura”, dichiara Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay. Innanzitutto, il report è stato stilato monitorando i quotidiani e i periodici locali e nazionali e i principali siti web di informazione: le storie che riporta sono quindi quelle che hanno superato il filtro della notiziabilità, cioè che sono state innanzitutto denunciate e in secondo luogo ritenute di pubblico interesse dagli operatori dell’informazione. Non si tratta quindi di un censimento esaustivo del fenomeno, semmai di una fotografia che all’interno del fenomeno complessivo dell’omotransfobia pemette di distinguere i contesti e le forme in cui si verifica.
E’ insomma un report qualitativo, che entra nel merito del racconto dei fatti e cerca di individuare tratti comuni e tendenze. Proprio per questo il report è stato suddiviso in 6 sezioni: la prima è dedicata all’omofobia istituzionale e ai movimenti omofobi, cioè a tutti i casi in cui parole e azioni d’odio hanno come responsabile un rappresentante istituzionale, luoghi istituzionali, o realtà che tentano di confezionare il discorso d’odio in contenitori “autorevoli” (convegni ad esempio), affinché sia assunto come valido da chi ascolta. Nel report sono segnalate ben 61 storie sotto questa categoria, un numero esorbitante sul quale pesano in particolare due fattori: da un lato l’approvazione della legge sulle unioni civili, con il suo strascico di sindaci “disobbedienti” che hanno tentato di intralciarne la piena applicazione; dall’altro lato le elezioni amministrative, che come ogni appuntamento elettorale hanno prodotto una notevole quantità di hate speech, utilizzato come  leva di consenso. L’omofobia istituzionale va guardata con estrema attenzione perché ha un effetto a cascata su tutte le altre forme di hate speech e hate crimes, in virtù della legittimazione che ad essi forniscono. Saltano all’occhio quindi le 15 storie del secondo capitolo del report, quello dedicato alla Scuola: in parte si tratta di storie di bullismo, aggravate dal fenomeno del cyberbullismo, ma in parte troviamo in questo capitolo i casi in cui contenuti attinenti ai diritti delle persone lgbti siano stati respinti dalle classi o dai dirigenti scolastici, evidentemente persuasi dalla retorica omonegativa delle istituzioni e dei gruppi “anti-gender”. La scuola, perciò, è uno dei contesti che più subisce l’impennata dei discorsi  d’odio: a questo proposito non è un caso che nell’ultimo capitolo del report (quello dedicato a hate crimes e hate speech più strettamente intesi) si verifichi un abbassamento significativo dell’età dei carnefici e un dilagare del fenomeno delle baby gang, spesso protagoniste di fatti violentissimi. Occhi puntati sullo sport, dove il fenomeno omotransfobia inizia ad essere denunciato, diventando perciò visibile. Inoltre, nonostante l’approvazione della legge sulle unioni civili, si registrano ancora casi di discriminazione delle persone lgbt, da sole o in coppia, escluse da negozi, offerte commerciali, luoghi. Si contano 12 casi che sono però evidentemente solo la punta di un iceberg. Le ultime due categorie (cioè gli omicidi e gli atti e le parole d’odio) contengono un dato inequivocabile: gay, lesbiche e trans sono ancora percepiti come soggetti deboli e vulnerabili. Sono perciò vittime di ricatti, rapine, agguati. Il numero di episodi segnalati dai media indica una frequenza allarmante, di circa un  caso ogni tre giorni. “In definitiva – commenta Piazzoni – il report ci consegna la fotografia di un Paese che non riesce a iniettare anticorpi efficaci contro l’omotransfobia. E non lo fa perché la stessa classe politica è parte del problema e non sembra avere alcuna intenzione di censurare se stessa. Infatti, il testo di legge approvato alla Camera, giace da anni sepolto al Senato, senza alcuna prospettiva. E nessun’altra iniziativa di legge si intravede all’orizzonte. Ci sono poi le leggi regionali, che tentano di parlare di prevenzione del fenomeno e di mettere a sistema le azioni di contrasto: l’ultima ad essersene dotata quest’anno è stata l’Umbria, dopo una battaglia durata molto tempo. Ma sono tante le Regioni che ancora non si sono date questo importantissimo strumento”. In occasione del 17 maggio, Arcigay parte con la campagna #maqualegender che ha come  oggetto diretto i cosiddetti no-gender,  movimenti omo-transfobici protagonisti di numerose notizie riportate nel report. La campagna richiama il gioco del monopoli, e fa riferimento alle sue celebri carte degli imprevisti: tutti aspirano ad essere se stessi, l’unico imprevisto in questo percorso è la paura. E’ una campagna che cerca di spiegare, e attraverso la parola vuole superare i fantasmi prodotti da chi specula sulla paura. Nelle numerose iniziative che Arcigay mette in campo in questa giornata in tutto il territorio nazionale, verranno distribuite cartoline che rimandano al sito http://maqualegender.it, dove si articoleranno nei prossimi mesi tutte le fasi della campagna.

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